tratto da Il Sole 24 ore (leggi articolo originale)
Barilla non acquisterà più grano duro dagli agricoltori canadesi che utilizzano il glifosato per l’essiccazione.
De Cecco ha preso da tempo questa decisione e le sue forniture sono garantite da contratti con produttori di Arizona, California ed Australia. Oltre che dalla filiera italiana del grano duro di qualità De Cecco che in un anno ha triplicato gli agricoltori aderenti: oggi coinvolge 1.200 produttori, 13mila ettari coltivati, per un raccolto stimato tra le 53mila e le 70mila tonnellate.
La società abruzzese, come tutte le grandi società, importa una parte del grano poiché la produzione nazionale e insufficiente: il fabbisogno annuo italiano di grano duro è di 5,6 tonnellate, ma la produzione si ferma a soli 4 milioni. Significa che il 30% del fabbisogno deve essere importato.
Peraltro non di rado la produzione nazionale non presenta i requisiti minimi di qualità, cioè il tenore proteico è inferiore al 14%. Un dato che costringe i produttori di pasta a fare ricorso a “innesti” di grano estero, più costoso, con una percentuale proteica superiore.
L’etichetta d’origine
La provenienza della materia prima è stato per molti anni un nervo scoperto per pastai e agricoltori. Nell’estate del 2017 una pagina pubblicitaria di De Cecco, apparsa sulla stampa, recitava che “la vera pasta italiana merita i migliori grani. La materia prima italiana non basta” e per questo motivo i pastifici acquistano grano duro estero.
Poi è arrivato qualche mese fa il provvedimento governativo che impone l’etichetta obbligatoria, con la specifica della provenienza del grano duro. Infine la Ue ha stabilito con un regolamento esecutivo che dal 2020 l’origine dell’ingrediente principale degli alimenti – come il grano per la pasta o il latte per i prodotti derivati – dovrà essere indicata sull’etichetta della confezione. Ad esempio: un pacco di pasta lavorata in Italia dovrà indicare anche l’origine del grano, se questo proviene da altro Paese.
“Ci piacerebbe utilizzare esclusivamente grano italiano – sottolinea Marco Camplone, direttore degli affari istituzionali di De Cecco – ma c’è un deficit produttivo di 1,6 milioni di tonnellate. Tuttavia per la produzione nazionale cerchiamo di lavorare il più possibile con i coltivatori grazie alla Filiera del grano duro di qualità De Cecco: in un anno gli agricoltori aderenti alla Filiera sono aumentati del 300%”. E per quest’anno in Italia si prevede una produzione record di grano, in particolare in Puglia, Abruzzo e Basilicata.
Il contratto
Nella Filiera del grano duro di qualità, De Cecco offre assistenza ai produttori, un prezzo minimo garantito, maggiorazioni di prezzo legate alla qualità. Le condizioni economiche, per chi aderisce alla filiera 2017-2018, prevedono un prezzo di 280 euro a tonnellata di grano, se il tenore proteico è superiore al 14%; di 290 euro se superiore a 14,5%, oltre a un premio aggiuntivo di 5 oppure 10 euro a tonnellata in base all’indice glutinico che deve essere superiore a 80.
Sul fronte societario, De Cecco potrebbe a breve concretizzare lo sbarco a Piazza Affari. Dopo diversi tentativi, la società starebbe individuando gli advisor. De Cecco ha chiuso il 2016 con ricavi per 447,5 milioni (+5,7%), con un Ebitda a 48,8 milioni (+18%) e un utile lordo di 21,1 milioni (+19%).