tratto da Agcnews (leggi articolo originale)
Anche l’agricoltura intensiva moderna si basa ancora sugli uccelli selvatici, le api e gli animali per l’impollinazione. Ma queste specie, e le intere catene di approvvigionamento industriale che da esse dipendono, sono a rischio, secondo una nuova indagine Onu.
Il declino delle specie che impollinano le piante fiorite del nostro mondo sta facendo notizia da qualche tempo. Il calo del numero di api è al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e ha spinto l’attuale tendenza a vietare alcuni prodotti chimici per l’agricoltura.
Ma anche una vasta gamma di specie di insetti, insieme a uccelli, pipistrelli e persino scoiattoli, sono impollinatori. I prodotti chimici per l’agricoltura e il cambiamento climatico sopprimono la biodiversità, rendendo sempre più difficile la loro sopravvivenza, mettendo a repentaglio anche le colture su cui contiamo, riporta Deutsche Welle.
Secondo un nuovo studio Onu, circa il 75% delle colture alimentari si affida a impollinatori, per cui queste creature valgono 577 miliardi di dollari (470 miliardi di euro) all’anno. La metà di questo valore proviene da impollinatori selvatici. Il rapporto, che comprendeva la partecipazione del Programma Internazionale delle Nazioni Unite per Ambiente, Fauna & Flora, e l’Università di Cambridge, ha intervistato otto grandi aziende, per valutare la loro consapevolezza della dipendenza delle loro catene di approvvigionamento da queste specie minacciate. Dallo studio è emerso che meno della metà di queste società sapeva da quali materie prime dipendevano gli impollinatori. Inoltre, mancava la consapevolezza di quali colture e regioni fossero a rischio.
Eppure molti dei loro prodotti non sarebbero mai stati immessi sul mercato senza gli insetti selvatici, gli uccelli e gli animali che svolgono un ruolo chiave nel ciclo di vita delle colture.
La perdita di impollinatori potrebbe potenzialmente ridurre la produzione di circa il 90% in almeno il 12% delle principali colture globali. Nonostante la perdita di impollinatori sia una minaccia significativa per la sicurezza alimentare, è una minaccia che non è ancora stata necessariamente tradotta in catene di approvvigionamento aziendali.
Gli autori dell’indagine vorrebbero che le aziende si impegnassero nella produzione delle colture su cui si basano e promuovano pratiche più sostenibili, ad esempio attraverso sistemi di certificazione, come quelli per i prodotti del commercio equo e solidale.
Anna Lotti