editoriale del 24.05.2021 di Dante Schiavon
Caro Ministro, la notizia del bando pubblico di 18 milioni di euro per la “forestazione urbana e periurbana” va nella giusta e condivisibile direzione. Ma noi, incontentabili ambientalisti, nell’accogliere con favore questa iniziativa non possiamo rinunciare ad esprimere le nostre “perplessità” sul provvedimento e le nostre “richieste” per una reale discontinuità con il processo di deforestazione urbana in atto nel nostro paese. Il bando finanzierà progetti di forestazione urbana che migliorino i livelli di “qualità dell’aria” nelle zone oggetto della “procedura d’infrazione comunitaria” ed è destinato a 15 aree metropolitane, ma lascia fuori 95 capoluoghi (città) di provincia e centinaia di centri abitati con una popolazione superiore ai 15.000 abitanti. Per farle un esempio, nel Veneto del governatore pluridecorato da quasi tutti i principali media mainstraem nazionali e locali, ben sei capoluoghi(città) di provincia su sette hanno occupato le prime posizioni a livello nazionale per l’esposizione della popolazione alle “polveri sottili”, con il superamento dei limiti di legge di 50 microgrammi/m3 per più di 35 giorni l’anno e questo fenomeno si è ripetuto per tutto il decennio dal 2010 al 2019, dieci anni su dieci (Mal Aria 2020 Legambiente). Fa pensare come, a fronte dei 18 milioni di euro del suo bando statale per la forestazione urbana, il Veneto abbia invece stanziato ben 300 milioni del proprio bilancio per un’opera devastante come la Spv. Deve quindi consentirci di esprimere la nostra critica sull’entità del finanziamento e sulla limitatezza della platea dei comuni beneficiari: noi avremmo preferito si parlasse di “centri urbanizzati da riforestare” tout court. Spero che lei non si senta sollevato dopo questa modesta misura di transizione ecologica e che non confidi troppo sull’effetto “annuncio”, ormai diventato un mix di “greenwashing e fake news”, grazie al quale milioni di cittadini-elettori, alla “lettura social ultrarapida” della notizia, considereranno risolto il problema sollevato dagli irriducibili ambientalisti sulla urgente necessità di ricoprire di vegetazione i nostri centri urbanizzati. Ma, oltre ad esprimere le nostre “perplessità” sull’efficacia del provvedimento, avanziamo le nostre “richieste” e le nostre “proposte”, partendo dalla “realtà” dei nostri centri urbanizzati dove viviamo e patiamo il decadimento ecologico e sociale.
La prima misura che il suo governo non ha ancora colpevolmente varato riguarda le fondamenta di qualsiasi iniziativa di “forestazione urbana”, ossia la conservazione del “suolo fertile rimasto”. È in atto una dilapidazione che dura da mezzo secolo di una “risorsa non rinnovabile” come il suolo e che nel Veneto ha favorito, tra l’altro, il miracoloso sorgere di “capannonia”. Conservazione del suolo fertile rimasto significa mantenere un suolo libero da nuove infrastrutture, da nuovi parcheggi, da nuovi centri commerciali, da nuovi supermercati e da nuove speculazioni edilizie a fini abitativi pur in presenza nel 2020 di un record negativo delle nascite e di 750.000 decessi (112.000 in più rispetto al 2019). Il suolo libero decementificato, deinfrastrutturato, caro ministro, costituisce l’elemento base, primordiale, capace di ospitare le radici degli alberi. Siamo curiosi, speranzosi e preoccupati al tempo stesso, di vedere, pur nella limitatezza del suo provvedimento e al netto della inevitabile comunicazione propagandistica, quante e quali operazioni di forestazione urbana le nostre aree metropolitane, congestionate e cementificate, saranno in grado di ospitare in modo efficace sotto il profilo ecologico e sanitario. L’ultimo tassello del nostro argomentare riguarda loro, gli alberi, la loro santità nel regalare ossigeno a tutti, il loro valore simbolico di unione tra la terra e il cielo, la loro sacralità, la forza che ci trasmettono quando li accarezziamo o li abbracciamo, un insieme di doni e di benefici che, caro ministro, non meritiamo come “genere (dis)umano”. Non voltiamoci dall’altra parte: guardiamo quello che sta accadendo agli alberi nei nostri centri abitati. Osserviamo con uno sguardo determinato e non distratto lo “sterminio” in atto dei nostri alberi nei nostri centri abitati. Guardiamo a come i viali alberati vengono privati delle alberature per far posto a edificazioni varie o a l’implementazione di varianti urbanistiche e trasformati in semplici arterie per il trasporto su gomma. Guardiamo come i marciapiedi vengano privati degli alberi e diventino marciapiedi di asfalto con aiuole di cemento e mattonelle, a prova di costi di gestione e manutenzione. Ecco perché, caro ministro, al di là della limitatezza finanziaria e dei beneficiari del suo bando, ogni misura di forestazione urbana deve essere accompagnata da misure di “tutela del patrimonio arboreo esistente” nei nostri centri urbanizzati. Quanti sono i milioni di alberi che non ci sono più nei nostri centri abitati perché l’uomo non li ha curati, manutenuti o li ha fatti ammalare incidendo con ruspe e motoseghe il colletto del loro tronco o facendo operazioni di potatura e capitozzatura con manovalanza impreparata? Chiediamoci perché il comune, per tagliare le spese di manutenzione e resistere alla tentazione di usare il glisofato come erbicida, decida di asfaltare tutto il calpestabile o al massimo pianti miseri alberelli e guai a loro se crescono di chioma e di radici. Per essere credibili, lei e il suo governo, quando ci parlate di “transizione ecologica” dovete operare scelte coraggiose. Dovete imporre una “moratoria su nuovo consumo di suolo”, una moratoria che spazzi via indecenti leggi regionali sul suolo (come quella veneta) e far approvare una legge nazionale che “arresti il consumo suolo”, quel suolo che costituisce il “substrato vitale” per qualsiasi iniziativa di forestazione urbana. E per quanto riguarda i nostri amici alberi, caro ministro, deve dare attuazione e concretezza alle attuali normative di riferimento a tutela del verde nelle zone urbanizzate, finanziandone la corretta applicazione nella parte relativa ai controlli. In particolare:
vanno applicate, finanziando i controlli oggi quasi totalmente assenti, le norme della legge nr. 10 del gennaio 2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi urbani” largamente disattesa dall’esercito di motoseghe in azione nei nostri centri abitati;
deve essere tradotto in legge il Decreto del 10 marzo 2020 del Ministero dell’Ambiente “Criteri minimi per il servizio di gestione del verde pubblico” rendendo obbligatori i criteri con cui va gestito il verde pubblico ivi indicati;
tradurre in una legge nazionale le norme scientificamente più innovative a tutela degli alberi e della loro longevità come previsto dal Regolamento del Verde del Comune di Milano agli articoli 30 e 34 che sottopongono, sia su terreno pubblico, sia su terreni privato, ad “autorizzazione specifica” il taglio anche di un solo albero con una circonferenza del tronco superiore ad una certa misura, ne “verificano” le motivazioni e “impongono” la piantumazione di nuovi alberi in sostituzione;
a livello nazionale va istituzionalizzata nei territori la figura del “Garante del Verde”, una figura indipendente che possa sanare il gap di democrazia ed ecologico tra l’impotenza del cittadino inerme dinanzi alla presenza diffusa di piccoli e grandi cantieri di taglio alberi e le amministrazioni pubbliche. Una figura imparziale, competente e indipendente che possa ricevere segnalazioni, reclami dai cittadini, dare risposte ai cittadini in termini di trasparenza delle decisioni e garantire la corretta applicazione delle normative di riferimento in materia di consumo del suolo e di tutela del verde.
Fra le misure previste dal Decreto del 10 marzo 2020 dal Ministero dell’Ambiente “Criteri minimi per il servizio di gestione del verde pubblico” c’è il “censimento del verde” e il “bilancio arboreo”. Questo per dire che non bastano nuove e consistenti piantumazioni senza il mantenimento del patrimonio arboreo esistente e per porci una semplice domanda: un albero, messo a dimora oggi, fra quanti anni sarà in grado di assorbire tra i 10 e 30 kg di CO2/anno e rilasciare tra i 20 e i 30 litri di ossigeno al giorno? Bisogna fermare il taglio ingiustificato degli alberi, nel mentre ipotizziamo iniziative di forestazione urbana, perché quando si abbatte un albero si elimina (oltre ad altri e importanti servizi ecosistemici) un formidabile strumento di cattura di CO2 ed erogazione di ossigeno e che ha impiegato decenni prima di poter regalarci tutta la sua energia vitale.
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