editoriale del 7 luglio 2020 su Iafue PerlaTerra
a cura del gruppo promotore della LILCA
(Lega Lavoratori del Campo e dell’Agroalimentare)*
Via Campesina Europa ha istituito un gruppo di lavoro sui braccianti e i migranti che ha pubblicato nel 2017 un primo documento sul lavoro dipendente e le migrazioni nelle aree rurali Europee.
L’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare lo ha tradotto e pubblicato nel proprio sito con l’intendimento di porlo a base del proprio spazio di lavoro sul lavoro dipendente in agricoltura, la LILCA (Lega dei Lavoratori del Campo e dell’Agroalimentare).
Vediamone alcuni estratti per capire se e come sia possibile comprendere il protagonismo e una soggettività dei lavoratori dipendenti dell’agricoltura e della pesca nel percorso concreto di costruzione di una Alleanza Sociale per il cambiamento e oltre la crisi.
Consideriamo “lavoratori rurali” coloro che lavorano nel settore agricolo, forestale o della pesca in cambio di pagamenti in contanti o in natura. Rappresentano una parte importante del settore e devono essere considerati produttori di alimenti.
In generale, c’è poca organizzazione da parte dei lavoratori agricoli e scarso supporto sociale alle loro lotte.
I principali sindacati dei lavoratori contrattano e rappresentano il settore negli organismi amministrativi, ma raramente svolgono un lavoro approfondito, poiché non è considerato utile e redditizio al loro modello di attività politico sindacale.
Il modello agricolo della terra (industriale) non è neppure oggetto di discussione.
I sindacati dei lavoratori, le associazioni di migranti e le organizzazioni di sostegno lavorano generalmente in contesti urbani e la voce dei lavoratori rurali emerge con difficoltà e debolezza.
Il nostro ruolo impegnato proprio nelle aree rurali può essere fondamentale nel denunciare le condizioni e difendere i loro diritti ( e tra questi figura il loro diritto all’autoorganizzazione) da una prospettiva contadina.
Il modo in cui il fenomeno migratorio ci tocca è duplice, in primo luogo in quanto contadini che sono costretti ad abbandonare il proprio sostentamento e ad emigrare, e in secondo luogo, in quanto lavoratori rurali qui in Europa, sfruttati in sistemi agricoli intensivi o industriali.
Il sistema dominante separa e stimola la competizione e gli scontri tra lavoratori in base alle loro nazionalità, condizione amministrativa o lavorativa, genere, orientamento sessuale, razza o condizione sociale.
È necessario definire strategie volte a costruire ampie alleanze e creare reti che rompano questa logica
Lo sviluppo del capitalismo globale è stato accompagnato da politiche imperialiste in cui l’invasione coloniale e l’espulsione forzata di milioni di persone schiavizzate sono state una parte fondamentale della loro strategia.
Negli ultimi anni, conflitti, repressione, danni ambientali e acquisizione di risorse hanno assunto dimensioni enormi, provocando nuovi movimenti migratori di massa. Alla luce di ciò, gli Stati e le istituzioni europee hanno reagito con maggiore repressione, chiusura delle frontiere e sistematica violazione delle convenzioni internazionali in materia di asilo e diritti umani, favorendo l’esclusione e il razzismo.
Di fronte alla libera circolazione di merci, capitali, armi ed eserciti che producono devastazioni naturali, economiche e sociali, promuoviamo la sovranità alimentare e la solidarietà tra i popoli.
Di fronte alle recinzioni e alle mura, alla repressione e al genocidio dei migranti, ai confini e all’interno degli stati, promuoviamo la libera circolazione delle persone e la solidarietà contadina, che è in grado di accogliere i migranti nelle fattorie e villaggi.
Vi è un numero crescente di salari agricoli in tutto il mondo, mentre allo stesso tempo il numero di piccoli agricoltori, essenzialmente autosufficienti, sta diminuendo.
Questa tendenza storica non è nuova, ma è accelerata negli ultimi decenni, praticamente nessun paese parla di ridistribuzione della terra e/o dell’importante e vitale supporto all’agricoltura contadina nei suoi programmi di governo.
Evidenziamo la particolare vulnerabilità e discriminazione delle donne che subiscono due volte lo sfruttamento: nel settore agricolo e nell’intera catena alimentare fino al lavoro domestico e di cura della persona.
Alcune attività agroindustriali sono specificamente riservate alle attività femminili (raccolta, condizionamento …). Altre ricorrono persino al lavoro indecente dei bambini.
Questi gruppi sono oggetto di una particolare discriminazione, che può arrivare fino alle molestie sessuali e allo stupro.
Siamo contro lo sfruttamento e la discriminazione da una prospettiva contadina della sovranità alimentare e dell’economia contadina
Come abbiamo sottolineato, i modelli di produzione alimentare intensiva e industriale su larga scala implementano meccanismi di lavoro che mirano a garantire la massima flessibilità e il minor costo possibile anche attraverso la limitazione dei diritti civili e la repressione delle proteste.
Denunciamo la globalizzazione neoliberale e neocoloniale che obbliga all’apertura incondizionata dei mercati e determina la distruzione delle economie locali, imponendo al contempo repressione ai confini e discriminazione legale degli esseri umani.
Allo stesso tempo, lo sviluppo di questo modello agricolo spinge i piccoli agricoltori a produrre su scala più ampia e a costi inferiori per garantire la redditività, costringendoli a impiegare in modo permanente o stagionale il lavoro salariato e a ricorrere sempre più agli stessi meccanismi e norme utilizzati dalle grandi imprese.
La Via Campesina non ammette né giustifica alcun tipo di discriminazione lavorativa o sociale e lo sfruttamento dei lavoratori salariati e o dei lavoratori rurali migranti.
Insieme, dobbiamo rompere con la logica produttivista e capitalista in cui siamo immersi, passando da un modello basato su profitto, accumulazione, estrattivismo e mancanza di solidarietà, a un modello di economia contadina, sostegno reciproco e ricerca del nostro benessere attraverso la produzione di un cibo che rispetti e contribuisca all’equilibrio ambientale e sociale.
Non accettiamo la mercificazione delle risorse naturali o del lavoro. Le nostre azioni e strategie mirano a superare queste situazioni di sfruttamento e discriminazione attraverso una riforma agricola globale e popolare che garantisca l’accesso alla terra e alle risorse per tutte le persone che vogliono produrre cibo, evitando così le migrazioni forzate e l’accettazione da parte dei lavoratori rurali di condizioni vergognose.
La nostra prospettiva si fonda sulla sovranità alimentare, sull’agroecologia contadina, sulla protezione dell’ambiente e dal pieno rispetto dei diritti umani.
E’ essenziale rafforzare la solidarietà e l’organizzazione dei lavoratori in difesa dei loro diritti. È inoltre fondamentale promuovere il coordinamento e le alleanze, in contesti rurali e urbani, verso un nuovo modello di produzione, distribuzione e consumo basato sulla sovranità alimentare, che comprenda piccoli agricoltori e allevatori, pescatori, contadini, precari e lavoratori urbani, così come i ricercatori.
È indispensabile che le persone nelle aree urbane si rendano conto che quando lottiamo per i diritti dei produttori agricoli e la sovranità alimentare, difendiamo il diritto a una casa dignitosa, al cibo sufficiente, adeguato e di qualità per tutti, il diritto alla salute per tutti, così come la sostenibilità della vita umana sul pianeta di fronte ai cambiamenti climatici, alla desertificazione e al disastro ambientale.
*La LILCA è il progetto di una rete per il lavoro agricolo su cui si sta concentrando l’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare.
Il documento tradotto dall’originale è nel sito dell’Alleanza per la Sovranità Alimentare a questo indirizzo
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