editoriale del 10/5/21 di Guido Cortese*
In questi giorni mi scrivono per comunicarmi indignazione e rabbia per un uso vigliacco di prodotti agricoli che causano la morte degli esseri viventi.
- “Cosa sta facendo!” un’amica carissima dalla provincia di Bari mi racconta l’ennesimo teatro innaturale. Un vicino sta vaporizzando del veleno su un ciglio del suo campo, ciglio che confina con il suo.
- “Sto disseccando, ma non si preoccupi: lo faccio qui mica nel suo terreno.”
- “Ma è un pesticida!”
- “No, è un disseccante” ribatte costui. Se la cortesia precede l’arguzia, la mia amica si auto-colloca nella riserva dei panda.
Quell’enclave di cittadini consapevoli che non accettano un futuro già segnato e non possono più capire l’ottusa routine dell’agricoltura moderna.
Veniamo al punto. Pochi giorni fa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha definitivamente vietato l’uso dei neonicotinoidi.
Si tratta di un momento storico, considerando che la battaglia legale è durata 8 anni.
Per capire questa posizione definitiva dobbiamo risalire ad un altra sentenza, del 30 novembre 2020, in cui la Corte dei conti europea obbliga l’EFSA ad esprimere pareri chiari in merito all’uso dei pesticidi e all’applicazione del principio di precauzione ma sopratutto obbliga la Commissione Europea a rispettare il parere dell’EFSA ed approvare l’uso dei formulati in agricoltura solo se se sicuri. Dalla storia recente degli ultimi 5 anni, più del 50% dei formulati sono stati approvati con procedure di emergenza.
Come apicoltore ricordo bene la storia delle decisioni dei governi italiani in questi ultimi 10 anni in merito all’uso di pesticidi tra cui erbicidi, disseccanti, fungicidi, acaricidi, talpicidi, battericidi, nematocidi, insetticidi, molluschicidi ed altre categorie.
L’italia è uno dei paesi europei che usa maggiormente i pesticidi, secondo ISPRA erbicidi insetticidi e fungicidi sono disciolti nel 67% dei campioni delle acque superficiali e nel 33% di quelle sotterranee. L’Europa è anche forte nell’Export di pesticidi nei paesi extra UE che producono poi i cibi che ritornano in Italia.
Questo movimento, che nutre e costituisce l’ossatura del mercato libero globale, è fatto di pesticidi.
Pesticidi che si muovono tra nazioni, veleni che scorrono nelle arterie delle nostre regioni e finiscono nel mare.
I danni si possono sintetizzare in 3 tipi. Danni irreversibili al suolo e al mare. Significa dover dipendere da altra chimica, inseguendo per sempre soluzioni inefficaci per ‘correggere’ la terra, essendo incapace di nutrire. Danni alla salute degli esseri viventi. Significa far cadere la sanità pubblica, a causa di malattie gravi anche letali, il cui nesso pesticida-malattia sta emergendo sotto traccia grazie alla ricerca scientifica. Danni al comparto agricolo e all’export italiano. Significa infine ridisegnare la geografia agricola, nella prospettiva peggiore in cui perdere l’identità della produzione italiana.
Sostenere di voler rispettare le regole di buon vicinato pensando che il disseccante agisca solo nel proprio fondo, è quasi ironico.
Analizzando le api nell’astigiano, grazie all’ultimo servizio pubblicato su LAPIS (aprile/maggio 2021) scopriamo un apicoltore professionista si è dedicato a sue spese ad effettuare le analisi del miele che produceva. In questi anni ha rilevato presenze di Flonicamid in concentrazione di 129 ppb in ambiente frutticolo (il quale esplica una tossicità acuta già a 53,3 milionesimi di grammo per ape). Poi la Cipermetrina a una concentrazione pari a 1153 ppb in ambiente vinicolo (che esplica una tossicità acuta già a 0,4592 milioni di grammo per ape). Come fungicida ha rilevato Folpet e Phtalimide che hanno superato insieme i 34’000 ppm (tali formulati esplicano una tossicità acuta già a 10 microgrammi per ape).
Ma venendo al glifosato dalle analisi effettuate ha riscontrato una concentrazione pari a 792 ppb. L’apicoltore ha affermato di aver trovato tracce di glifosato anche nel miele di alveari a più di 900 metri s.l.m.
Tutto questo deve farci riflettere, al netto delle centinaia di campagne sull’ambiente, sul fatto che il veleno che viene applicato nelle nostre campagne non resta mai confinato nel perimetro della propria parcella ma corre e lo fa velocemente.
Vietare imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam, una categoria di veleni certamente la più abusata e pericolosa, è una parziale vittoria.
Considerando che ci sono voluti molti anni per una sentenza come questa, a fronte di sospensioni (e quasi mai divieti) dei rispettivi stati membri Italia compresa, ci troviamo davanti ad una sfida ancora più grande.
E’ una sfida culturale, rivolta a noi tutti. Non possiamo aspettare altri dieci o vent’anni per veder vietare altre 3 molecole, rispetto alle centinaia di formulati che vengono immessi nel mercato, di cui bastano pochi microgrammi per creare danni incalcolabili.
Se non vogliamo perdere la nostra campagna e il primato della nostra identità, e se vogliamo stare in salute non possiamo sperare in ulteriori divieti.
Dobbiamo cambiare a monte il problema. E cioè cambiare il modo di fare agricoltura.
C’è una moltitudine di persone in Europa che ci crede, e dobbiamo prendere questa sentenza come un segnale forte, incontrovertibile di una possibilità di farcela. Contro i poteri forti e le lobbies della produzione agricola intensiva e contro le politiche che garantiscono ai contadini solo debiti e fatiche, il 2021 segna un punto a favore della terra e della sovranità alimentare.
La sfida è culturale perchè istituzioni, scuole, famiglie devono riaffermare le competenze e lo spirito di coltivare la terra senza scorciatoie perchè -lo ha detto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea- le scorciatoie uccidono.
*Guido Cortese . Apicoltore
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[…] il Notiziario dalla Terra. A seguire l’editoriale di Guido Cortese dal titolo: “L’omicidio è reato, ma non il biocidio : lo stato dell’arte nell’era della transizione ecolog…” Segue In coda a cura di Fabio […]
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Ho letto e cercato di capire il problema.
Sono commissario in una Commissione Agricoltura in un Comune Italiano che come tanti altri Comuni ha riunito la C.A. per poter permettere alla Giunta di deliberare un atto che attesti che anche il nostro Comune è stato colpito dalla gelata anomala del 7/9 aprile c.a. per poter permettere ai contadini di chiedere risarcimenti per calamità nat.
Ho potuto constatare che alcuni “apicoltori ” hanno avanzato documenti per attestare danni alla loro produzione, in quanto la gelata avrebbe distrutto la fioritura in corso e quindi privato le loro api di bottino.
Mi sono chiesto: ma un apicoltore che vede passare trattori con le botti per i trattamenti alle varie colture (noccioleti-vigneti-frutteti-orti ecc) si preoccupa forse dell’orario in cui viene fatto tutto ciò??
Le api sono già al lavoro presto e terminano al calar del sole…i trattamenti vengono fatti durante il giorno.
Perché non li facciamo fare al calar del sole?
Forse le lobbi della vigna e delle nocciole è più forte di quello che si pensa o siamo solo qua a pettinare le bambole e a chiedere sempre solo danni per il mal tempo che alla fine non è altro che una conseguenza delle nostre cattivissime abitudini di vita quotidiana.
Veleni e cattive procedure ci stanno distruggendo e noi cosa facciamo…
molto poco. Che tristezza.
Carissimo, vorrei rispondere distinguendo i due ambiti: quello dell’applicazione di un trattamento-facoltativo-considerando che la legge Nazionale del 2014 vieta l’applicazione dei trattamenti durante tutto il periodo di fioritura di specie nettarifere e pollinifere, fatto salvo l’allevamento in serra. Dal punto di vista biologico il trattamento notturno non comporta alcun beneficio rispetto ai danni verso gli insetti impollinatori, poiché il polline rimane intriso di queste sostanze e dunque avviene un altro tipo di avvelenamento mortale che si riscontra nella morte progressiva di tutta la covata della colonia di api.
In questo caso si prefigura anche il codice penale per quanto riguarda l’uccisione di animali destinati alla produzione tra l’altro ma il punto è che anche le acque risultano poi contaminate (dunque pericoli ulteriori di una avvelenamento più ampio senza contare gli ultime ricerche che evidenziano un avvelenamento che rientra poi nel sistema endocrino degli esseri umani); non è un caso che la Francia abbia vietato uno dei pesticidi più potenti in quanto è stato accertato che lasci tracce indelebili anche nel cervello dei feti umani. Per quanto riguarda la richiesta danni per i gravi fenomeni meteorologici e climatici che hanno avuto, anzi stanno tuttora perturbando la nazione, le ricordo che a mia memoria non esiste nessun anno nella storia dell’apicoltura italiana in cui gli apicoltori avessero nutrito le api nel mese di maggio. Quello che sta accadendo è un doppio danno verificatosi sia in aprile che in maggio; questo fenomeno oltretutto causa un forte stress alle colonie apistiche che non sono pronte a reggere di fronte a una grave assenza di fonte e di risorse di cibo. A questo però va sommata la grande quantità di campi coltivati a monocultura che portano a una riduzione enorme rispetto a quello che poteva essere il paesaggio di 30 o quarant’anni fa, il che limita enormemente la possibilità per gli insetti impollinatori di nutrirsi anche in stagioni critiche come era possibile con un patrimonio floristico di tutto rispetto ( ormai un ricordo). Probabilmente anche l’agricoltura intensiva, per via dello squilibrio dell’azoto del potassio e del carbonio ha portato alle conseguenze che conosciamo riguarda i cambiamenti climatici, e su questo ormai la comunità scientifica, ma persino la politica internazionale, è d’accordo.
Dal mio punto di vista risponderei semplicemente che forse è cambiando il modo di fare agricoltura potremmo risolvere capre e cavoli, ma resta il fatto che il veleno mortale non è mortale soltanto di giorno. La saluto cordialmente. GUIDO CORTESE