Venticinque anni dopo la dichiarazione di Barcellona, è il momento di ripensare l’agroalimentare del Mediterraneo

editoriale dell’11.11.20 di Giuliano D’Antonio*

Novembre 1995 – Novembre 2020, 25 anni ci separano dalla “dichiarazione di Barcellona” che è l’atto fondatore di un partenariato globale tra l’Unione Europea e dodici paesi del sud del Mediterraneo.
Il fine è o era quello di rendere il Mediterraneo uno spazio comune di pace e stabilità attraverso un forte sviluppo della cooperazione economica, finanziaria, sociale e culturale.
I risultati ottenuti non sono quelli sperati, l’obiettivo di realizzare un area di sviluppo economico, sociale e di pace è ancora lontano da raggiungere.
L’Istituzione di una Zona di Libero Scambio con l’eliminazione delle barriere e dei dazi doganali ha molto spesso alimentato forti tensioni tra agricoltori del sud-Europa e quelli del sud-Mediterraneo generando una guerra tra poveri su prodotti agricoli coltivati da entrambe le sponde del nostro bacino.
Il ruolo del mondo rurale e le sue prospettive in ambito Mediterraneo sono domande che sempre più spesso si rincorrono sui tavoli politici a cui è difficile rispondere muovendosi in uno scenario che come descrisse lo storico francese Fernand Braudel …”… non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi, non un mare ma un susseguirsi di mari non una civiltà ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre…”.
Oggi osserviamo una realtà agricola piena di fratture che la separa in più realtà come quella tra il nord del Mediterraneo e quella del Sud mediterraneo ed ancora tra le aree costiere urbanizzate e meglio sviluppate e quelle interne sempre più desertificate in termini economici, sociali ed ambientali.
Sulle sue sponde oggi si affacciano circa 525 milioni di abitanti con una popolazione rurale sulla sponda sud in forte crescita mentre quella nord con una progressiva decrescita e senescenza ma in generale ancora con una marcata presenza del settore agro-alimentare nel comparto economico. Ma il divario tra paesi ricchi e quelli poveri non tende a diminuire, e vediamo crescere forte la dipendenza alimentare come in Egitto ed Algeria, il deficit commerciale dei paesi PPM nei confronti dell’Europa , tenendo esclusa la Turchia, è deficitaria per oltre un miliardo di dollari anche in prodotti agroalimentari.
Lo sviluppo rurale equilibrato del sud del Mediterraneo resta prioritario oggi che è sempre più in progressivo impoverimento a causa di molteplici eventi tra cui costi di produzioni in continua crescita mentre i redditi agricoli sono fermi o in flessione.
Tra le cause il diffondersi di tecnologie e fattori della produttivi esterni alle realtà e tradizioni locali per ottenere prevalentemente prodotti destinati all’esportazione e perdendo, spesso l’autosufficienza alimentare.
Le comunità rurali passano progressivamente da una condizione di piccoli imprenditori a salariati agricoli delle grandi organizzazioni economiche che orientano sempre più le produzioni a modelli e prodotti non incentrati alle allo sviluppo economico locale ma mero profitto finanziario.
Il tema agricolo-mediterraneo non può essere circoscritto al solo perimetro agronomico- commerciale ma ampliandolo a constesti -sociali – culturali- ed ambientali considerando tutte le citate molteplicità che caratterizzano lo scenario Mediterraneo , avendo ben chiari tre prioritari obiettivi che sono esprimibile , come già espresso da altri autori, con una sola parola “salute” e nello specifico: salute economica, salute dei territori, salute dell’uomo.

Vedi l’editoriale nel Notiziario andato in onda l’11 novembre 2020 su Iafue Perlaterra


  • Giuliano D’Antonio è Presidente dell’Associazione FonMed (Fondazione Sud per lo Sviluppo e la Cooperazione nel Mediterraneo)